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Giulia Resta

Tintoretto. L’artista che uccise la pittura

Ecco la storia di Tintoretto - pseudonimo di Jacopo Robusti - artista innovatore, geniale ed energico, uno dei massimi esponenti della pittura veneta.

San Marco libera uno schiavo” di Tintoretto. Olio su tela, 1548. Gallerie dell’Accademia a Venezia (da commons.wikimedia.org)


Uscito in esclusiva nelle sale cinematografiche l’11, il 12 e il 13 aprile, “Tintoretto. L’artista che uccise la pittura” è un film documentario biografico sull’artista veneziano Jacopo Tintoretto, diretto da Erminio Perocco. Il film è una coproduzione internazionale che vede coinvolti Zetagroup, Kublai film, Videe, Gebrueder Beetz Film producktion ed è realizzato in collaborazione con la rete televisiva franco-tedesca Arte. Il film inoltre è stato selezionato ufficialmente presso i più importanti festival internazionali della cinematografia artistica come il FIFA di Montrèal e il Beirut Art Film Festival.


Il docu-film, che ricostruisce la vita del pittore, è ambientato a Venezia e mostra tutti i luoghi più importanti della città per Tintoretto analizzando il rapporto tra l’artista e la città. Sono diversi i temi trattati, tra cui la formazione e lo stile pittorico dell’artista, le commissioni delle scuole grandi di San Marco e di San Rocco, le tele per la chiesa di San Rocco, le figure femminili nella pittura e, in particolare, l’attenzione verso uno dei capolavori assoluti di Tintoretto: “San Marco libera uno schiavo”. Tematiche che aiutano a delineare l’obiettivo che si è posto il regista nel presentare questo film e cioè suscitare l’interesse del pubblico nei confronti di Tintoretto e della sua arte e condurre lo spettatore nel mondo affascinante ma non sempre semplice e immediato dell’artista.


Tintoretto, infatti, è stato un innovatore, geniale ed energico, ma allo stesso tempo spregiudicato e inquieto, spesso non consapevole del proprio talento, con un forte bisogno di essere riconosciuto, un grande desiderio di riuscire a distinguersi e con un’infinita voglia di libertà e indipendenza. Le opere che ha proposto erano insolite per quei tempi, con scene dense di movimento, una moltitudine di soggetti, sperimentazioni e luci studiate. Non a caso il filosofo e scrittore francese Jean Paul Sartre definisce l’artista “il primo regista cinematografico della storia”, riassumendo così alla perfezione la sua anima nonché il percorso e la visione artistica.


Tintoretto, del resto, ha sempre avuto le idee chiare su quale fosse la sua strada e gli obiettivi che voleva raggiungere, come ci ricorda il regista in apertura del film, riportando le sue stesse parole:

Da sempre ho voluto fare il pittore, ma non un pittore qualsiasi. Volevo avere la mia visione, essere un vero artista. Il mio nome è Jacopo Robusti, ma tutti mi chiamano il Tintoretto.
 

Bibliografia:

A. Gentili, “Tintoretto. Ritratti, miti, storie”, Giunti Editore 2012.

C. Ridolfi, “Vita del Tintoretto”, Casimiro 2017.


Sitografia:

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